Non rompiamoci
il… femore!



L’osteoporosi in Italia costa 7 miliardi di euro all’anno, di cui 360 milioni di spesa farmaceutica per la cura di oltre 5 milioni di persone affette dalla malattia. E’ una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da riduzione e da alterazioni qualitative della massa ossea che si accompagnano ad aumento del rischio di frattura.

Fra le varie malattie ossee è la più diffusa, colpisce entrambi i sessi ma soprattutto quello femminile dopo la menopausa, che aumenta considerevolmente il rischio sino a 4 volte. L’incremento della popolazione anziana determina la crescita delle fratture da fragilità: nel 2050, solo quelle di femore saranno 6,3 milioni nel mondo. In Italia circa 2 milioni di anziani non sono autonomi perché affetti da disabilità, spesso provocata da fratture, anche queste destinate a crescere.

Da questi dati, emersi oggi a Bologna, in apertura del XV Congresso nazionale della Società italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) nasce l’appello al mondo sanitario per un nuovo approccio alla cura della malattia e del paziente anziano.

Il tema è stato al centro del forum congiunto tra gli esperti di osteoporosi e della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG): l’approccio multidisciplinare è la soluzione per la gestione corretta del paziente con osteoporosi, in particolare delle persone anziane, spesso affette da altre patologie, curate con diversi farmaci ed esposte a rischi di caduta.

ISAIA SIOMMMS«L’appello sottolinea Giancarlo Isaia, presidente della SIOMMMS e direttore del Dipartimento di Geriatria e Malattie Metaboliche dell’Osso della Città della Salute e della Scienza di Torino – è rivolto a ginecologi, ortopedici, reumatologi, fisiatri, internisti, endocrinologi e non solo. A partire dal medico di medicina generale, diverse figure sono chiamate a dare il proprio contributo nella terapia per una malattia trasversale, che in Italia non ha uno specialista di riferimento per il pubblico. Dal lato medico-sanitario c’è bisogno di formazione, dal lato dei pazienti è utile l’informazione e dal lato amministrativo è indispensabile istituire migliori servizi di cure continuative sul territorio, in grado di gestire la crescente popolazione anziana con patologie multiple e/o con disabilità grave».

La necessità che viene rilanciata è quella di strutture istituzionali che si facciano carico della complessità multidisciplinare della cura dell’osteoporosi in un cotesto di continuità assistenziale fra ospedale e territorio: servono protocolli adeguati che portino in Italia modelli già sperimentati all’estero, come l’introduzione del “bone specialist”, lo specialista dell’osso in senso lato. Gli esperti vedono l’alleanza professionale con due obiettivi: ottenere il mantenimento dello stato di salute e della qualità di vita del paziente affetto dalla malattia e, mediante la prescrizione di terapie appropriate, avviare una corretta gestione delle risorse economiche del Sistema Sanitario Nazionale.

 

DIAGNOSI

L’indagine densitometrica tramite Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC) è oggi il modo più accurato e preciso di misurare la massa ossea ed in particolare la sua densità minerale (Bone Mineral Density o BMD); essa va sempre seguita dalla valutazione del rischio fratturativo individuale mediante l’utilizzo di appositi algoritmi validati che tengono conto dei fattori di rischio clinici, mediante i quali è possibile definire in senso probabilistico la possibilità del paziente di andare incontro ad una frattura e di conseguenza, dar luogo, se del caso, ad un trattamento farmacologico.

 

PREVENZIONE

Avere un buon livello di attività fisica (almeno tre ore a                  settimana).

Assumere un buon livello di proteine con la dieta (almeno 2 gr/Kg, ove possibile).

Assumere un adeguato introito di calcio con la dieta (almeno 1 gr al dì al di sopra dei 65 anni).

Fare vita all’aria aperta con buon livello di esposizione solare.

Astenersi dal fumo di sigaretta.

Limitare il consumo di alcolici e di caffè.

Limitare al massimo l’utilizzo di farmaci lesivi per l’osso (es. cortisone) a meno che non strettamente necessari.

 

 

 

 

Pubblicato da: Redazione AZS

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