Notti insonni? La siesta recupera i guasti



di Paola Mariano

Fare un riposino pomeridiano, anche di soli 30 minuti, consente di recuperare i guasti di una notte trascorsa insonne o in cui si è dormito per poche ore. La siesta potrebbe dunque essere un ottimo rimedio per chi, anche solo saltuariamente, dorme poco la notte.

È quanto suggerito da una ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism (JCEM) e condotta da Brice Faraut della Université Paris Descartes-Sorbonne di Parigi.

La carenza cronica di sonno è una condizione ormai così invalsa nella società moderna, da essere considerata un problema di salute pubblica e riguarda, in vario modo, sia adulti sia piccini. Siamo sempre più stretti tra mille impegni professionali e non, nonché distratti da tablet, smartphone e lettori di e-book (solo di recente entrati nel novero dei dispositivi elettronici che possono disturbare il sonno se usati prima di andare a letto), e si dorme sempre meno di quanto necessario.

La carenza di sonno, specie se cronica, fa male alla salute con vari effetti a breve e a lungo termine: rallenta i riflessi e riduce performance cognitive, memoria e produttività dell’individuo, aumenta il rischio di incidenti stradali e di errori sul lavoro. Studi dimostrano che incide sul rischio di sviluppare malattie quali diabete e obesità e che, addirittura, ha effetti permanenti sul cervello. Una ricerca pubblicata sulla rivista Biological Psychiatry mostra che l’insonnia riduce il volume e la densità della materia grigia (i neuroni) in alcune zone della corteccia cerebrale. Infine una ricerca su Psychosomatic
Medicine svela che chi soffre di insonnia presenta una carenza di alcune cellule immunitarie ed è più vulnerabile a infezioni comuni come il raffreddore.

Cosa fare? Lo studio francese indica un possibile rimedio. Un riposino pomeridiano sembra in grado di ristabilire il corretto equilibrio ormonale e immunitario dell’organismo, messo a soqquadro dalla notte insonne.

Gli esperti d’oltralpe hanno coinvolto un campione di giovani di 25-32 anni tutti di sesso maschile nei loro laboratori del sonno. La prima notte i volontari – sottoposti a un’alimentazione rigidamente controllata dagli sperimentatori – hanno dormito otto ore. La notte successiva è stato invece chiesto loro di dormire solamente due ore, con la possibilità o meno di fare una pennichella di 30 minuti il giorno seguente.

Varie sostanze normalmente prodotte dal nostro organismo sono state monitorate nel corso dei giorni, attraverso una serie di esami. In particolare, si è posta attenzione a ormoni e a molecole con importanti funzioni immunitarie. Per esempio, si sono misurate le oscillazioni di concentrazione della noradrenalina (ormone dello stress) e che – insieme all’adrenalina – ha vari effetti sull’organismo, come quello di aumentare il battito cardiaco e il tono muscolare.

Dopo la notte semi-insonne, è stato riscontrato un netto squilibrio dell’ormone dello stress, la cui concentrazione risultava più che raddoppiata, come quando ci si sente in pericolo o si è preda di agitazione. La pennichella pomeridiana, però, ha ristabilito i corretti livelli di noradrenalina.

Invece, la concentrazione di una molecola con funzione immunitaria chiamata interleuchina-6, risultava diminuita dopo la notte quasi insonne e i corretti livelli della molecola venivano ristabiliti solo dopo la siesta consentita ai volontari il pomeriggio seguente.

In altri termini, basta un riposino di mezz’ora per ristabilire l’equilibrio fisico sconvolto da una notte insonne. Già precedenti lavori hanno ampiamente dimostrato gli effetti positivi per la salute della siesta. A cominciare dai bambini che dormendo al pomeriggio migliorano le proprie capacità di apprendimento e memoria. Anzi, per i neonati e i bimbi nei primi anni di vita il riposino pomeridiano sembra addirittura fondamentale per garantire le loro capacità di “incamerare” e fare proprio tutto quel che hanno appreso di nuovo durante la prima parte del giorno.

Altro studio condotto su oltre 23 mila persone al policlinico Universitario di Atene e pubblicato sugli Archives of Internal Medicine ha dimostrato che la pennichella fa bene al cuore e che il rischio di morte per problemi cardiovascolari si riduce. Lo studio francese ha cominciato a fare breccia sui meccanismi molecolari e ormonali alla base degli effetti protettivi della siesta.

Pubblicato da: Redazione AZS

Condividi questo servizio

Commenta questo articolo

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *