Quella pianta a forma di dito


Tra le piante medicinali, un posto d’onore merita senza dubbio una pianta che per la caratteristica forma a dito di guanto dei suoi fiori fu battezzata “digitale” da Carl Linneo. È riprodotta fedelmente in un francobollo della ex Repubblica Democratica Tedesca. La sua attività farmacologica fu scoperta quasi per caso dal medico inglese William Whitering, il quale un giorno del 1775 si fermò a una stazione di posta dello Sropshire per far governare i cavalli della sua carrozza. Sapendo che era medico, l’addetto lo pregò di dare un’occhiata a sua madre molto malata. Whitering non si fece pregare. E non ci mise molto a capire che la donna era messa molto male, colpita da una grave forma di anasarca (cioè, di un vasto èdema disseminato in tutto il corpo), e che non sarebbe vissuta più di qualche giorno.

Ma, ripassato di lì dopo qualche settimana, vide la donna viva e vegeta al lavoro, perfettamente ristabilita. Si informò allora sul modo con cui era stata curata: semplicemente, gli fu detto, con un misterioso decotto di foglie preparatole da una  vecchia guaritrice del villaggio. Tra i vari ingredienti, il medico riconobbe la presenza di una pianta, appunto la digitale. E pensò che fosse stata proprio questa a provocare l’abbondante emissione di urina che aveva risolto l’anasarca, e che fosse quindi dotata di virtù diuretiche. Provò quello stesso decotto in alcuni pazienti del suo ospedale, ottenendo buoni risultati, il che -a suo avviso- confermò la sua idea che esso agisse direttamente sui reni.

La digitale riscosse per breve tempo un certo successo tra i medici, ma fu presto abbandonata per alcune gravi reazioni collaterali  che provocava. Solo dopo un po’ di tempo ritornò all’attenzione degli studiosi, i quali si resero conto  che tali reazioni erano dovute alle dosi spesso eccessive e che la digitale non agiva sui reni, bensì sul cuore: il cuore “insufficiente” non riusciva a rifornire i reni della giusta quota di sangue. Dalla pianta vennero successivamente estratti i principi attivi (“glicosidi della digitale”), poi largamente impiegati nella terapia dell’insufficienza cardiaca. Attualmente oggi vengono usati con cautela ma con sicurezza, potendosene calcolare i contenuti e le dosi con grande precisione.

Pubblicato da: Redazione AZS

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