Cuore. A volte è matto


di Manuela Campanelli

In molti giovani, si osserva che il cuore perde talora il suo ritmo e può arrivare anche a 100-150 battiti al minuto.
La colpa è della fibrillazione atriale, un’aritmia che, oltre a mandare in tilt la centralina del muscolo cardiaco, aumenta del 30 per cento anche il rischio d’incorrere in un ictus: ristagnando negli atri, il sangue può formare pericolosi micro-coaguli che possono andare in circolo e giungere al cervello.

Come porvi rimedio? Con la crioablazione, una recente tecnica che usa il freddo invece del calore per spegnere i focolai dell’aritmia, oppure con l’ablazione transcatetere che elimina i punti che generano l’aritmia con la radiofrequenza, cioè con il calore emanato da un sondino che, inserito in una vena della gamba, giunge all’atrio sinistro del cuore.

Quanto il battito è troppo lento
Ci sono poi persone il cui il cuore ha un battito rallentato e irregolare. Hanno la bradicardia, una condizione che oggi può essere trattata con il nuovo pacemaker “senza fili”, cioè senza elettrocateteri. Piccolissimo, un decimo di quelli tradizionali, ha già dentro di sé tutto per funzionare, vale a dire una batteria, uno stimolatore e i circuiti elettrici che, proprio come dei “cervellini”, comandano il dà farsi. Il suo aspetto più innovativo è che s’impianta direttamente nel cuore.
«Per applicarlo, occorre un intervento minimamente invasivo che dura in tutto 28 minuti. Un catetere guida lo conduce, attraverso la vena femorale, fino al miocardio», dice il professore Fiorenzo Gaita, direttore della Cattedra di Cardiologia all’università di Torino.
Nel nostro Paese, è già impiegato e ha dimostrato di dare numerosi benefici, tra cui meno rischi d’infezione, assenza di cicatrici e nessuna interferenza con i cellulari.

A volte il cuore fa le bizze
Altre persone hanno invece a che fare con la cosiddetta sindrome “bradi-tachi” che alterna un battito troppo veloce (fibrillazione atriale) ad uno troppo lento (bradicardia), che di solito sopraggiunge dai 60 anni in poi. Come curarla? «Dipende dal ritmo di partenza del cuore – dice Fiorenzo Gaita –. Se a riposo batte molto pianAlcune pao (al di sotto dei 40 battiti al minuto), si può impiantare un pacemaker per prevenire la bradicardia e prescrivere farmaci antiaritmici per giocare d’anticipo sulla fibrillazione atriale. Se il cuore batte invece lentamente solo dopo un episodio di fibrillazione atriale, allora si può optare tra due soluzioni: o impiantare un pacemaker per utilizzare senza rischio i farmaci antiaritmici oppure eseguire l’ablazione transcatetere».

La diagnosi si è affinata
Ristabilire il prima possibile il giusto ritmo del proprio cuore è indispensabile. Ma come diagnosticare la fibrillazione atriale, considerato che, nel 30 per cento dei casi, non dà alcun sintomo? Con approcci che oggi si possono eseguire anche al di fuori dell’ospedale. Per esempio, con i moderni apparecchi per misurare la pressione contenenti un algoritmo che valuta il ritmo cardiaco dal polso: se risulta irregolare per tre volte, si accende una spia rossa.
Oppure con l’App “EKG Card” per smartphone che permette di ottenere un elettrocardiogramma miniaturizzato mettendo il dito indice sulla cover del cellulare, cioè su due elettrodi che, tramite il protocollo di trasmissione dati bluetooth, lo inviano al telefono che lo registra e lo spedisce per e-mail al cardiologo per la lettura.
Oppure con i loop recorder, minuti apparecchi di un centimetro per tre che vengono impiantati sotto pelle e registrano in continuo un elettrocardiogramma che, per mezzo di sistemi di telefonia, viene trasmesso in ospedale e valutato dai medici.

Pubblicato da: Redazione AZS

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