Depressione: le dieci regole per prevenirla e combatterla


Si tratta di un vero e proprio ‘staff’ composto non solo dagli specialisti ma anche dai medici di famiglia, pazienti e famigliari, quello che serve per combattere il male del millennio: la depressione, ai vertici della classifica delle malattie croniche più diffuse. Uno gruppo di persone con, ciascuno, importanti regole da seguire se si vuole davvero che le cure abbiano successo.
Le ha predisposte la Società Italiana di Psichiatria, e sono divise tra le quattro destinate alla classe medica, e le sei destinate ai pazienti e ai famigliari. Sono state presentate nel corso del convegno “Le Depressioni” in corso oggi e domani a Milano.
Ecco Le cinque regole per il medico e lo specialista spiegate dal presidente, Claudio Mencacci:
1 – Accorciare i tempi di diagnosi. Il tempo medio per arrivare alla diagnosi è oggi ancora molto elevato. Le casistiche più recenti attestano un periodo medio di due anni che intercorre dall’insorgenza dei primi sintomi fino alla malattia conclamata e dunque l’inizio delle terapie. Due anni è anche il tempo medio per decidersi a consultare un medico, con le conseguenti implicazioni sulle manifestazioni, l’efficacia delle cure e il recupero dalla malattia. Il ruolo femminile è cruciale: le donne oltre ad essere colpite dalla malattia in maniera doppia rispetto gli uomini, nel loro ruolo di caregiver possono identificare i primi segnali e orientare precocemente alle cure.
2 – Migliorare la formazione medica. Non solo degli specialisti, ma anche della classe medica che potrebbe essere coinvolta nel riconoscimento e nella diagnosi della patologia, come ad esempio medici di medicina generale, pediatri, ginecologi, geriatri, diabetologi, cardiologi, pneumologi ed ogni altra specialità medica che potrebbe ‘interagire’ efficacemente con pazienti affetti da disturbi e malattie mentali.
3 – Informare informarsi. Occorre avviare campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte alla popolazione generale. La migliore conoscenza porta a ‘identificarsi’ con il problema, a prenderne coscienza e a richiedere l’aiuto di un medico e/o di uno specialista. La condivisione del problema, tipicamente femminile, consente di ampliare il messaggio.
4 – Individuare preventivamente il rischio di stigma, vergogna, per i malati. Occorre identificare contesti e situazioni in cui potrebbe esistere una difficoltà a parlare del proprio problema. Studi recenti hanno evidenziato ad esempio che donne residenti in piccoli centri, non solo hanno meno episodi depressivi, ma anche che impiegano meno tempo a decidere di rivolgersi al medico e/o allo specialista.
Ed ecco anche le cinque regole per il paziente e la famiglia
5 – Curarsi ‘bene’. Significa non solo avere accesso alle cure, ma soprattutto seguire le terapie secondo le modalità indicate dapprima dal medico di medicina generale e/o, laddove necessario, dal medico specialista – in particolare dallo psichiatra – in funzione dei diversi bisogni o della gravità della patologia.
6 – Non interrompere mai le cure. Il ‘fai-da-te’ decisionale non è mai ammesso in nessun percorso terapeutico, specie nelle malattie o nei disturbi mentali in cui la ricaduta, nuovi episodi, la riacutizzazione delle manifestazioni o la riesposizione a fattori di rischio, sono spesso frequenti.
7 – Seguire uno stile di vita sano. In tutte le sue sfaccettature: dalla corretta alimentazione, evitando cioè cibi che abbiano naturalmente al loro interno componenti eccitanti; alla correzione di comportamenti voluttuari, azzerando cioè il consumo di alcool e droghe che hanno importanti effetti sul sistema nervoso centrale e sulle funzioni mentali; alla pratica regolare di attività fisica, almeno 40-60 minuti di sano movimento per 3-4 volte a settimana; fino a limitare una vita ‘multitasking’ ovvero impegnata su troppi fronti, come nel caso della donna, l’esposizione a più ruoli (professionista, madre di famiglia, compagna di vita) e a più occupazioni ugualmente impegnative, emotivamente e mentalmente coinvolgenti e stimolanti.
8 – Prestare attenzione ai campanelli d’allarme. Non soltanto alla perdita di interesse e/o di piacere per le cose normali – quali ad esempio la vita professionale, sociale o di relazione – ma anche agli aspetti cognitivi. Vale a dire a un calo della concentrazione, attenzione e memoria di lavoro e ad altri segnali spesso trascurati come il procrastinare una decisione o l’incapacità di attuare strategie di ‘problem solving’, sia in contesti banali che più complessi.
9 – Non trascurare la quantità e soprattutto la qualità del sonno. Un sonno breve e disturbato può rappresentare un importante fattore di rischio per la comparsa e il perdurare di problemi depressivi. L’adattamento al cambio di fuso orario, spesso indotto dalla velocità di spostamento nell’arco di tempi molto brevi (come l’andata e il ritorno da un viaggio intercontinentale, ad esempio) o l’esposizione a contesti che richiedono una rapida flessibilità mentale, possono influire sul sonno il quale a sua volta interagisce con il corretto sviluppo e la maturazione cerebrale non solo degli adolescenti, ma anche dei giovani adulti. Diversi studi scientifici hanno dimostrato una stretta relazione fra depressione, scarsità di sonno e attivazione di fenomeni infiammatori che sono alla base della comparsa di differenti patologie tra cui diabete, ipertensione e la stessa depressione.
10 – Confidarsi e parlarne, informare le persone care. Oltre la cura medica sono molto importanti le cure psicoterapiche È fondamentale nel percorso di recupero da uno stato depressivo avere accanto un ambiente famigliare accogliente, comprensivo, poco giudicante che non stimoli sentimenti di vergogna, ma che sostenga in tutte le fasi della malattia. Una attenzione che va riservata maggiormente alla donna più esposta non solo allo sviluppo di patologie croniche (anche in funzione di una maggiore durata della vita), ma anche a un maggiori decadimento cognitivo quale importante effetto collaterale dei disturbi depressivi.

Pubblicato da: Redazione AZS

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