Troppe infezioni nel primo anno di vita potrebbero lasciare il segno sul Dna del bebè con conseguenze a lungo termine: infatti uno studio sull’ “American Journal of Human Biology” mostra che nella prima età adulta (20-22 anni) i giovani che tra i 6 e i 12 mesi hanno avuto più episodi infettivi, ad esempio diarrea, sono “biologicamente più vecchi”. Il loro Dna, cioè, risulta più “consumato” rispetto a quello di coetanei che da neonati hanno avuto pochi episodi infettivi.
Esperti dell’Università di Washington hanno studiato circa 3000 neonati e monitorato tutti gli episodi infettivi nel corso dei loro primi due anni di vita. Quando i bebè sono divenuti adulti, il loro Dna è stato studiato. È emerso che i “telomeri” – le estremità protettive del Dna la cui lunghezza è associata a longevità e salute del singolo individuo – dei giovani che da neonati hanno avuto tante infezioni sono più corti, come appunto se l’individuo fosse biologicamente più vecchio. Resta da capire se sono le troppe infezioni nella prima infanzia a deteriorare il Dna di un individuo o se, viceversa, individui con Dna di per sé ‘più fragile’ (già corto alla nascita) sono più esposti a rischio infezioni.