di Paola Mariano
La meditazione aiuta a diminuire il desiderio irresistibile di cibo, specie di dolci, e un programma di meditazione ad hoc può essere utile a far uscire dalla trappola dei disturbi dell’alimentazione come la bulimia o, più in generale, il vizio delle abbuffate e l’alimentazione compulsiva.
Uno studio diretto da Julien Lacaille, psicologa dell’università canadese McGill in Quebec, mostra che la meditazione cosiddetta “mindfullness”, in sole due settimane di pratica, può aiutare a ridimensionare il desiderio di certi cibi come, ad esempio, la cioccolata. Il suo lavoro, pubblicato sulla rivista specializzata Appetite, mostra che il segreto dell’efficacia della meditazione è in un processo cosiddetto di “distacco”, ovvero il meditare permette di distanziarsi dai propri pensieri rispetto a un determinato cibo che si desidera mangiare, vedendoli come altro da sé e, in questo modo, ridimensionando il desiderio stesso.
Più in generale, la meditazione può aiutare a guarire da disturbi dell’alimentazione importanti come la trappola delle abbuffate compulsive che, in maniera circolare, porta a digiuni per sedare i sensi di colpa e poi a nuove abbuffate. Come? Seguendo il “metodo” proposto dalla nutrizionista americana Tarika Lovegarden nel suo libro appena uscito in libreria (edito da Urra-Feltrinelli) “Meditazioni sul frigorifero. Liberarsi per sempre dai problemi di peso e dai disordini alimentari”, una serie di esercizi da applicare unitamente a consigli nutrizionali per cambiare a piccoli passi il proprio rapporto col cibo.
Lacaille ha coinvolto nel suo studio quasi 200 persone per vedere se la meditazione “mindfullness” potesse risultare efficace a sedare il desiderio di certi cibi come il cioccolato. La “mindfullness” funziona innanzitutto prendendo coscienza e diventando consapevoli del proprio desiderio, in questo caso di un certo cibo, e poi di accettare senza giudicarli i pensieri relativi a quel cibo, insomma accettare la propria golosità estinguendo i sensi di colpa. Dopo la fase di accettazione, subentra quella di distacco o “disidentificazione”, in cui ci si deve dire “io non sono il mio desiderio”, distaccandosi da esso e vedendolo come altro da sé. Lacaille ha dimostrato che proprio mettendo in atto questo distacco si può sedare la golosità incontrollabile per certi cibi.
Lovegarden propone invece un approccio più articolato, una serie di meditazioni guidate, ciascuna delle quali inizia aiutando la persona a connettersi col proprio sé più intimo, «dotato di varie qualità vitali – spiega l’esperta ad AZ Salute – come la cura amorevole e la saggezza intuitiva necessaria per adottare un’alimentazione bilanciata».
Ogni capitolo, spiega la nutrizionista, si concentra su esercizi di meditazione pensati per affrontare diverse situazioni quotidiane con cui spesso si scontra chi è affetto da un disturbo alimentare come l’alimentazione compulsiva, situazioni che, se non gestite, portano inevitabilmente all’abbuffata, cui seguono i sensi di colpa e poi i digiuni punitivi.
«Le pratiche di meditazione proposte – spiega Lovegarden – permettono di affrontare ciascuna di queste situazioni e quindi di arrivare a scelte alimentari sane che si mantengono nel tempo».
Vi sono esercizi da eseguire prima di mettersi ai fornelli, dedicati a chi cucina abitualmente, per aiutare a preparare dei pasti bilanciati, oppure altri per chi ha tendenza ad abbuffarsi in situazioni sociali o durante le feste quando si riunisce la famiglia. Lovegarden propone anche dei consigli nutrizionali per modificare la propria alimentazione sostituendo gradualmente ad alcuni cibi altri più sani.
Il metodo è pensato per favorire una risoluzione definitiva dei problemi col cibo, per aiutare chi sta seguendo una dieta a non abbandonarla a metà strada, o per chi è riuscito a dimagrire a non vanificare i propri sforzi ingrassando di nuovo.
«La meditazione – spiega – connette la persona al proprio corpo, alla propria natura più intima, passaggio chiave per arrivare a un rapporto sereno e bilanciato col proprio corpo e col cibo. Quando una persona ha un disturbo alimentare o anche solo quando, di tanto in tanto, si lascia andare ad abbuffate e digiuni, è perché ha momentaneamente perso il contatto col proprio corpo e con la propria saggezza interiore, intrappolato nell’abitudine di mangiare in modo automatico e indotto da una certa emozione del momento», come una condizione momentanea di stress o frustrazione, senza riconoscere il proprio appetito oppure il senso di sazietà. Riconnettendosi col proprio corpo attraverso la meditazione, l’individuo impara a riconoscere quando ha fame e quando è sazio e quindi ad evitare di abbuffarsi.
«Con i disturbi alimentari – conclude Lovegarden – si perde il contatto coi segnali di fame o di sazietà che ci invia il corpo. La meditazione rende capaci di recepire e rispettare questi segnali».