Sempre più urgente
ripensare i nostri ospedali


di Adelfio Elio Cardinale

Adelfio-Elio-CardinaleCarenze strutturali, infezioni in corsia, errori gestionali, approssimazioni. La lunga lista di deficienze nella sanità – accomunate dal nome limaccioso di “malasanità” – ha determinato non poche volte  morti tra i ricoverati negli ospedali. Il fenomeno è diffuso e consueto in Italia, con particolare frequenza e virulenza nel Sud, ove il sistema sanitario è divenuto un malato cronico. In genere, accuse e denunce, da parte dei pazienti e cittadini, sono rivolte solo ai medici e al personale sanitario. Vengono trascurati, per contro, inefficienze gestionali, difetti organizzativi e obsolescenze strutturali.

I due terzi degli ospedali del nostro Paese sono vetusti e talora vecchissimi, quasi residuati archeologici. Il 30 per cento, infatti, è stato costruito tra il 1941 e il 1970; il 20 per cento dal 1901 al 1940; il 6 per cento dal 1801 al 1900; il 10 per cento prima del 1800. Parliamo, per intenderci, dell’epoca in cui la filosofia di architettura sanitaria era finalizzata a creare: sanatori, dispensari, manicomi, lebbrosari, ostelli di ricovero, lazzaretti, ospedali d’isolamento, infermerie. Erano, spesso, strutture enormi che potevano contenere sino a 5.000 persone.

In questi siti, coesistevano malati febbrili, soggetti con alterazioni psichiche e mentali, gestanti e partorienti, malati chirurgici di frequente affetti da cancrene, ma anche semplici indigenti (“barboni” diremmo oggi) bisognosi di un riparo o un piatto di minestra. In maniera icastica, uno storico dell’epoca così descriveva strutture e ambienti: “Tutti i servizi, dai più insalubri ai più ingombranti, ai più nauseanti si compivano nelle sale”. Anche i nomi corrispondevano al “genius loci”, ospedale della Pietà, ospedale degli Invalidi. Con riferimento a Palermo, si riscontravano le seguenti denominazioni: ospedale dello Spasimo, lazzaretto dei Sospetti, ospedale dei Convalescenti, magazzini al Puntone. Semplici reliquati? Fino a un certo punto. Si rileva che, nel capoluogo della nostra Isola, non si costruisce un nuovo ospedale da circa 50 anni.

La rete ospedaliera necessita di una rivisitazione, con una operazione che coinvolga tutti i cittadini, malati, medici e personale sanitario, tecnici, politici. L’organizzazione ospedaliera è stata, sino ad oggi, considerata in funzione precipuamente delle esigenze del medico. Il paziente è stato considerato un numero, una patologia, un soggetto da cui trarre ricavi, un letto occupato. Si fa riferimento, per esempio, alle attività diagnostiche e terapeutiche concentrate in un lasso di tempo assai ristretto, ai pasti somministrati in orari improbabili e sconsiderati, agli orari di visita di parenti e familiari elargiti a dosi omeopatiche. Una vera e propria lesione della dignità del malato. Il rispetto della persona è fondamentale. Questo è il senso vero di medicina umana.

Dobbiamo ripartire da una innovativa strutturazione degli ospedali, perché un’architettura sanitaria senz’anima e senza etica diviene solo un’algida costruzione, fondata solo su pietre e denaro. Ripensare gli ospedali. L’ospedale deve diventare luogo di sviluppo scientifico, di cultura sanitaria, di ricerca e di aggiornamento professionale non solo per i medici interni ed esterni, ma anche per gli infermieri e per tutta la comunità. Necessita di un cambiamento strategico del ruolo e della “filosofia” dell’ospedale, che diviene – come dice l’etimologia stessa – luogo di accoglienza, ove il malato è ospite da trattare con calore e riguardo, padrone di spazi che ricordano la propria casa.

Strutture sanitarie a misura d’uomo, fondate su 5 pilastri: umanizzazione, urbanità, socialità, organizzazione e interattività. Parametri che esaltano la centralità del paziente, attraverso l’integrazione dei siti, la solidarietà e il benessere percepito, la tranquillità, contrastando le forze immateriali della malattia. L’ospedale, specie fuori dalle metropoli, è come la caserma e la chiesa madre: una struttura che racchiude in sé valori, sentimenti, tradizioni, umanità.

Dobbiamo ribaltare la veritiera affermazione di un famoso letterato e sociologo: “A vedere il modo in cui i malati sono trattati negli ospedali, si direbbe che gli uomini abbiano inventato questi tristi asili non per curare gli ammalati, ma per sottrarli agli occhi delle persone felici, delle quali quegli sventurati turberebbero le gioie”.

Pubblicato da: Redazione AZS

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