Consumismo medico.
Pericolo attuale



di Luigi Galvano
Consigliere Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Palermo

Foto-GalvanoOggi più che mai, la nostra realtà è pervasa da un consumismo che permea le scelte dei cittadini. Anche la medicina soffre di questo modo di vivere. Purtroppo, l’estrema medicalizzazione anche di atti del tutto fisiologici e l’induzione al consumismo esasperato, fanno parte oggi delle attività mediche. Con un evidente guadagno per alcuni operatori e per alcuni potentati economici.
Tutto ciò non è un nuovo fenomeno: da sempre è esistito e, spesso, periodicamente, a seconda degli interessi in gioco, si ripropone. A tal proposito, riportiamo un breve, ma significativo sunto di una commedia, “Il Dr. Knock ou le triomphe de la Medicine” di Julie Remains, forse non ben conosciuta al grande pubblico, che ben esemplifica come in medicina è facile cadere in tali inganni.

A questa commedia, aggiungiamo – in tempo di comunicazione digitale – una storia inventata sul Web che sottolinea come anche fini pensatori possano cadere in tale errore. Tutto ciò, alla fine, evidenzia che il buon senso e l’etica professionale sono le linee maestre che devono guidare il medico nella sua attività. La commedia, rappresentata per la prima volta a Parigi nel dicembre del 1923, anticipa argomenti di estrema attualità. Julie Remains descrive il tema delle medicalizzazione ad ogni costo di aspetti normali della vita umana, evidenziando argutamente come la società tenda ad enfatizzare o “inventare” patologie al fine di trasformare i sani in persone malate per fenomeni di marketing.

In un piccolo centro della campagna francese, nel primo dopoguerra, giunge un giovane medico, il dottor Knock, in sostituzione del vecchio medico condotto. Formatosi nel periodo d’oro della batteriologia, Knock enfatizza ad arte il ruolo dei germi nelle patologie, sottolineando come, anche in condizioni di apparente benessere, tali microrganismi possono essere presenti.
Partendo dal presupposto che “ogni persona sana è un malato che non sa ancora di esserlo”, con l’abile aiuto di un maestro e di un farmacista, si inventa dapprima corsi di educazione sanitaria e, mediante visite gratuite, riesce a trovare in tutti gli abitanti del paese sintomi che vengono interpretati come prodromici di gravi malattie. Dopo qualche tempo, la strategia comincia a dare frutti: la gente richiede continua assistenza e il dottor Knock, come anche il maestro e il farmacista, si ritrovano ricchi, essendo riusciti a trasformare un paese abitato da “gente normale” in uno dove vivono persone “ammalate”.

Un tema di grande attualità. Come non riuscire a cogliere connessioni con la situazione odierna? Come non vedere, nel maestro, i mass media attuali e nel farmacista e nel medico la potente industria della salute? Quante campagne con il dichiarato obiettivo di “educare alla salute” altro non fanno che indurre un bisogno consumistico, spacciato per conoscenza? Quante giornate per il diabete, per l’ipertensione, per le malattie renali – e chi più ne ha più ne metta – si svolgono quotidianamente e “gratuitamente” nel nostro Paese? Quanti nuovi centri specialistici per la menopausa, o per “l’aging male” fioriscono in tutte le città italiane? Come non riconoscere nel dottor Knock quei tanti medici che, ben supportati dai bisogni indotti da mirate campagne di marketing, medicalizzano problemi (menopausa, invecchiamento, borse sotto gli occhi, eccetera) che altro non sono che aspetti della comune esistenza delle persone?

Fino ad arrivare al recentissimo paradosso dell’Havidal (un farmaco immaginario) definito come “il primo e unico trattamento per il Disordine Disforico da Decifit Ansiogeno da Consunzione di Attenzione Sociale” (patologia inesistente, inventata per l’occasione), richiestissimo sul Web al sito www.havidal.com. Il suo ideatore, l’australiano Justine Cooper, ha voluto porre l’attenzione “sul comportamento delle multinazionali farmaceutiche, su come organizzano l’informazione e il marketing per patologie apparentemente marginali, presentate come gravissime e necessarie di lunghi e costosi trattamenti farmacologici anziché di adeguati cambiamenti degli stili di vita” (Wenner M. Designing a disease and its drug. The Scientist 2007).

Pubblicato da: Redazione AZS

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